13 gennaio 1898: Zola pubblicava il suo “J’accuse”

Marco Dotti
2 min readJan 13, 2024

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Che cosa significa pensare? Significa agire. Il 13 gennaio 1898, Émile Zola pubblicava la sua lettera aperta, indirizzata al Presidente della Repubblica. Il testo, apparso su L’Aurore, lo conosciamo tutti, quanto meno per il suo titolo: J’accuse.

L’ 11 gennaio 1898, il maggiore Ferdinand Walsin Esterházy, il vero colpevole dell’affare Dreyfus, che era stato pubblicamente denunciato dalla stampa qualche mese prima, fu assolto all’unanimità da un tribunale militare.

Zola, che aveva previsto questo esito, iniziò la sua “Lettera al Presidente della Repubblica” il 10 gennaio. La mattina del 12 il testo era terminato. Avrebbe dovuto essere pubblicato in forma di opuscolo da Fasquelle, sulla scia delle due precedenti “Lettere” che Zola aveva pubblicato sulla stampa a proposito dell’Affoare alla fine dell’anno precedente e che contenevano la famosa frase: “La verità è in marcia e niente la fermerà”.

Tuttavia, il giornale L’Aurore chiese a Zola di pubblicarla e il suo direttore Clemenceau diede alla lettera quel titolo: J’accuse, infinitamente più incisivo. Questo testo denso e simile a un atto d’accusa fu pubblicato nel numero di giovedì 13 gennaio e vendette oltre 200.000 copie.

Zola accusava le autorità militari di utilizzare Dreyfus, accusato ingiustamente di alto tradimento, come capro espiatorio, in particolare a causa delle sue origini ebraiche. A seguito di una denuncia presentata dal Ministero della Guerra e di un processo davanti alle Assise della Senna dal 7 al 23 febbraio, Zola e Alexandre Perrenx, responsabile de L’Aurore, furono entrambi condannati a pesanti multe e pene detentive, che spinsero Zola ad andare in esilio a Londra per undici mesi.

Tuttavia, lo scandalo suscitato da “J’accuse” portò a una revisione del processo Dreyfus, permise il ritorno di Zola in Francia, un nuovo processo e infine la riabilitazione del capitano Dreyfus.

Le parole, il pensiero — dicevamo. Le parole e il pensiero sono azione. Tutto qua.

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Marco Dotti

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