Ricchezza è povertà

Marco Dotti
3 min readNov 9, 2020

«Sono cattolico perché voglio tutto», diceva Jean Guitton. Nato a Saint-Étienne il 18 agosto 1901, scomparso a Parigi, il 21 marzo 1999) Guitton è stato un filosofo molto amato da Paolo VI. Fu anche il primo uditore laico al Concilio Vaticano II. Questa è una sua lettera aperta sulla povertà, rivolta a chi è - o si crede - ricco.

Quando Mauriac sì recava a Lourdes, non poteva far penitenza che all’Hotel Hilton, il più lussuoso di tutti. Per distaccarsi dai bassi onori del mondo – mi diceva – bisogna possederli. Sennò se ne muore di voglia. Per poter disprezzare le ricchezze, bisogna essere ricchi…

Ti racconterò la storia di un saggio greco piuttosto cinico. Diogene aveva deciso di mangiare in una ciotola di legno, quando vide un bimbo che beveva alla fontana nel palmo della mano. Diogene buttò la ciotola dicendo: «Quel bimbo mi insegna che sto ancora conservando cose inutili».

Pascal scriveva a un gran signore, a sua volta discendente di un gran signore. Il figlio maggiore del duca di Luynes. «Lei. duca, ha ottenuto le sue ricchezze dagli avi. Ma non è per mille casi diversi che i suoi avi ne sono venuti in possesso? E non e per altri mille diversi casi che le hanno conservate? L’ordine – ciò che voi chiamate ordine – è fondato unicamente sul volere dei legislatori che potranno aver avuto delle ottime ragioni per imporlo, nessuna delle quali però prevede un presunto diritto naturale alle cose che lei crede di possedere. Se i legislatori avessero preferito stabilire che le cose che lei crede di possedere dopo essere state possedute dai suoi avi durante la loro vita, tornassero – dopo la loro morte – allo Stato, lei non avrebbe ragione alcuna di lamentartene».

Tali frasi rivoluzionarie ci fanno sentire quanto ciò che noi chiamiamo la proprietà sia cosa provvisoria, aleatoria, fabbricata dagli uomini, prestata da Dio. La vera proprietà non è questa bensì, in fondo, ciò che i cristiani hanno sempre pensato, ma mai praticato: è un regalo che Dio ci ha fatto affinché potessimo arricchire i poveri.

E Chateaubriand aveva detto con ancor maggiore ferocia: «Vi sono bimbi che le madri allattano con seni vizzi, per mancanza di un boccone di pane, vi sono famiglie i cui membri sono ridotti, di notte, ad aggrapparsi l’uno all’altro per mancanza di una coperta». E aggiungeva: «L’enorme sproporzione delle condizioni e delle fortune, finché è rimasta nascosta, è stata sopportabile. Ma appena tale sproporzione è apparsa a tutti in piena luce, le è stato appioppato il colpo mortale. Ricreate – se lo potete – le finzioni aristocratiche, cercate di persuadere il povero, quando saprà leggere bene e non vi crederà più, quando avrà la vostra stessa istruzione, cercate di persuaderlo che dovrà sottomettersi a ogni privazione mentre il suo vicino possiederò migliaia dì cose superflue: non avrete che un’ultima risorsa, ucciderlo».

Allora ti lascio con Pascal e con Chateaubriand e ti consiglio di meditarci un po’ su.

[testo tratto da Jean Guitton, Lettres ouvertes, Payot & Rivages, Parigi 1993].

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Marco Dotti

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