Welcome to theVUCA world
In un contesto VUCA (volatile, incerto, complesso, ambiguo) è necessario per un leader attuare scelte e metodi in grado di gestire la complessità, ridurre i rischi e massimizzare gli sforzi. In che modo è possibile farlo, anche considerando un confronto e una possibile sinergia tra approccio Lean e approccio Agile?
Viviamo in un mondo globalizzato, iperconnesso e imprevedibile. Un mondo volatile, incerto, complesso e ambiguo. Il nostro ambiente di vita, le relazioni e il lavoro sono oramai calate in sistemi non lineari con queste queste caratteristiche. Sistemi sintetizzati in un acronimo divenuto d’uso corrente: VUCA (Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity).
Coniato in ambito militare negli anni Novanta per descrivere il panorama socio-politico emergente dopo il crollo del Muro di Berlino, il termine è entrato nei campi della leadership e dell’entrepreneurship grazie al columnist del “New York Times” Thomas L. Friedman.[1]
«Whe are in a new world, using old tools»
Viviamo in ambienti in costante mutamento. Friedman sottolinea che le trasformazioni in atto si differenziano da quelle precedenti non tanto per la forza dell’impatto, ma per la velocità di questo impatto e per la rapidità del cambiamento che, al contempo, generano e subiscono.
Velocità di cambiamento che deriva dalla combinazione di due fattori, la globalizzazione e la digitalizzazione. The World Is Flat: la terra si restringe a gran velocità per diventare sempre più interconnessa e, di conseguenza, sempre più imprevedibile, volatile, ambigua, incerta.[2]
Il nostro mondo è
● Volatile perché la velocità, la portata e, di conseguenza, la natura del cambiamento sono difficilmente “modellizzabili”. La volatilità si manifesta in fenomeni di crisi, sempre più frequenti che in passato.
● Incerto perché difficilmente prevedibile. La volatilità rende dunque difficile servirsi di eventi passati (past issues) in chiave di predictors, per gestire eventi futuri (outcomes). Il processo decisionale diventa più complesso;
● Complesso perché le variabili non lineari, interne ed esterne all’organizzazione e ai livelli di decisione si interconnettono e perché, come spiega il filosofo della complessità Edgar Morin, «il sorgere del nuovo non può essere, per definizione, predetto, altrimenti non sarebbe nuovo». Caratteristica di ciò che è complesso è che può solo essere compreso nel suo insieme, ma non può essere reso semplice: la semplicità è, infatti, una caratteristica di ciò che è complicato; mentre la complessità attiene a all’interconnessione dove il tutto possiede caratteristiche che le parti non hanno secondo il principio «il tutto è più della somma delle parti»;
● Ambiguo perché, in un sistema per definizione complesso come il VUCA, non sempre c’è univocità tra cause ed effetti. Feedback, butterfly effects, causalità circolari: questo non solo perché gran parte dei rischi non sono concettualizzabili, per effetto della loro volatility, ma perché non sono oggettivamente prevedibili, a causa della loro intrinseca uncertainty e, soprattutto, perché calati in un sistema complesso.
«Ci troviamo in un mondo nuovo, usando vecchi strumenti» osserva Friedman. Per questa ragione è importante apprendere dalle esperienze di quelle aziende high-tech che, negli ultimi anni non sono riuscite ad affrontare i rapidi cambiamenti prodotti sul loro mercato.
Queste esperienze possono essere un utile esercizio per l’elaborazione di nuovi strumenti decisionali e strategici per tutti quei manager, quelle le aziende, quelle istituzioni che, a loro volta, «si trovano ad affrontare inevitabili, e persino prevedibili, cambiamenti, ma non hanno la leadership, la flessibilità e l’immaginazione per adattarsi — non perché non sono intelligenti o consapevoli, ma perché la velocità del cambiamento è semplicemente travolgente».
Learning agility
Nel loro “What VUCA Really Means for You”, pubblicato nel gennaio del 2014 sull’Harvard Business Review, Nathan Bennett e G. James Lemoine invitano a prestare molta attenzione al possibile misleading del termine, sempre a rischio di trasformarsi in una sorta di stampella o scorciatoia per i livelli decisionali per abbandonare una via analitica. La conseguenza? Confondere o contrapporre fra loro possibili risposte. O, peggio: scambiare situazioni semplici per situazioni complesse e situazioni complesse per situazioni semplici. Risultato? La complicazione e la conseguente difficoltà ad affrontare una situazione difficile per mancanza di strategia o pianificazione.
Se non possiamo prepararci a un VUCA world — si è spesso detto — perché farlo? Perché è proprio la complessità a esigerlo, chiedendo alla C-suite di elaborare strategie VUCA, multipolari e complesse. Bennett e Lemoine hanno stilato un framework di approcci al territorio degli eventi VUCA, ognuno dei quali collocata in una delle quattro categorie VUCA, volatility, uncertainty, complexity e ambiguity.
· Volatilità. Cambiamento relativamente instabile, dove le informazioni sono disponibili e la situazione è comprensibile, ma il cambiamento è frequente e a volte imprevedibile.
Esempio: I prezzi delle materie prime sono molto volatili, soprattutto in conseguenza di disastri naturali o di crisi finanziarie, oltre che di instabilità politica. La volatilità è, però, inerente anche alla natura stessa di un sistema sempre più interconnesso. Pensiamo al petrolio, che è uno degli esempli classici, ma sempre più attuali. Basti ricordare il balzo di quasi il 9% sul mercato di New York del 27 dicembre 2018, quando il Wti chiuse a 46,22 dollari al barile.[3]
Approccio: Prepararsi per tempo, con scorte e inventario. L’investimento dovrebbe corrispondere al rischio. L’agility, spiegano Bennett e Lemoine, è la chiave efficace per affrontare la volatilità. Le risorse dovrebbero essere indirizzate in modo aggressivo verso la costruzione di un rallentamento e la creazione del potenziale per la flessibilità futura.
· Incertezza. Situazione in cui si verifica un difetto di conoscenza: non si sa se un evento avrà conseguenze o produrrà un effetto di scala; causa ed effetto dell’evento sono relativamente chiari, ma è incerto se l’esito dell’evento produrrà un significativo.
Esempio: il lancio di un nuovo prodotto di un concorrente altera gli equilibri del mercato ma non sappiamo come e quando questo avverrà, anche se sappiamo che avverrà..
Approccio: Appare sempre più chiaro, che nella gestione delle situazioni critiche i leader prendano decisioni vitali e decisive, spesso con informazioni incomplete o contraddittorie. La risposta alla dimensione strutturale dell’incertezza può risiedere nell’investire nella raccolta di informazioni, analizzare, condividere. Questo funziona meglio in combinazione con i cambiamenti strutturali, come ad esempio come la costruzione di information analysis networks.
· Complessità. Parliamo di complessità alla presenza di parti fra loro interconnesse che formano una rete, particolarmente articolata, di informazioni e procedure. Questa rete è sspesso multiforme e contorta, ma non sempre genera cambiamenti.
Esempio: Muoversi sui mercati esteri è sempre più complesso e fare affari in nuovi paesi comporta spesso la navigazione in una complessa rete di tariffe, leggi, normative, regolamenti e contesti geo-strategici particolari.
Approccio: dotarsi di adeguate risorse analitiche e strategiche per comprendere e affrontare il problema della complessità in ogni singolo mercato e le loro interconnessioni nel tuo sistema di business. Le operazioni interne all’azienda — spiegano Bennett e Lemoine — dovrebbero essere riconfigurate per adeguarsi alla complessità esterna.
· Ambiguità. Una mancanza di conoscenza delle “regole di base del gioco”; causa ed effetto non sono compresi e non c’è precedente per fare previsioni su cosa aspettarsi.
Esempio: il passaggio al digitale e la conseguente disruption hanno portato con sé un’ambiguità di fondo, al punto che le aziende stanno ancora imparando come i clienti potranno accedere e sperimentare i dati.
Approccio: Ridurre l’ambiguità, lavorando su progressivi assestamenti e test. Progettare i propri esperimenti-pilota in modo che i risultati possano essere applicabili in maniera comunque adattabile (i sistemi complessi come il VUCA evolvono di continuo) al mutare delle situazioni. [4]
Le quattro situazioni VUCA, a cui corrispondono quattro approcci pragmatici e decisionali, possono essere sintetizzate in una formula: learning agility and manage complexity.
La gestione della complessità è una competenza altamente richiesta e sempre più caratterizzate una C-suite evoluta. Lo è soprattutto quanto più nei livelli di decisione strategici ci si trova a confrontarsi con elementi che, seppur a prima vista autonomi, si possono improvvisamente rivelare interconnessi o interconnettersi ex post in modelli non lineari.
Gestire la complessità emergente
La maggior parte delle cose di cui si occupa il management attiene a processi lineari. Ma in un mondo VUCA gli aspetti cruciali del business non sono lineari.
La non linearità può essere pericolosa e mettere in crisi un’azienda se non è identificata come tale e trattata con metodi “lineari”. Ciò che sembra relativamente piccolo e insignificante può, allora, diventare una difficoltà insormontabile. Come gestire, allora, la complessità emergente data dal mix fra processi non lineari e quelle interconnessioni e interazioni fra elementi che possono tanto portare a situazioni critiche, quanto a un vero processo di innovazione?
Basta ancora gestire? Se lo chiede Greg Satell, esperto di innovazione e autore del recente Cascades. Ho to create a movement that drives transformational change (McGraw-Hill Education, 2019). Per Satell servirebbe «a shift from hierarchies to networks». Per compiere questo passaggio, suggerisce lautore, bisognerebbe integrare nel processo decisionale quelle gestionale, soprattutto in termini di approccio. Per gestire in modo efficace è necessario rendere conto di ciò che va al di là della propria comprensione. «Dovete — osserva Satell — guidare persone che hanno competenze che non avete, operare in situazioni di mercato che non avete previsto e valutare opportunità incerte».
Lean & Agile: pronti al salto di paradigma
Il primo passo verso la gestione della complessità è «pensare come un manager piuttosto che come un dirigente. Ottenere semplicemente una promozione non fa di te un manager. Fino a quando non sei pronto ad assumerti la responsabilità di ciò che non puoi controllare, sei solo una persona con un titolo, non un leader».[5]
Ridurre i rischi e massimizzare i risultati è possibile integrando gli approcci, non solo le competenze. È il caso del Lean e dell’Agile Thinking. è possibile integrare questi approcci per rispondere alle sfide e alle nuove condizione strategiche portate alla C-suite dal fatto di operare in contesti VUCA? L’integrazione appare subito fruttuosa per la C-suite non solo quando si tratta di implementare un approccio strategico complesso ai sistemi di rischio esterni, ma anche quando è in gioco la valorizzazione complessiva del sistema interno con le conseguenti ricadute su organizzazione, business e prodotto.
L’approccio Lean può essere condensato in una parola, chiarezza. Chiarezza applicata ai processi decisionali, chiarezza di pre-comprensione della propria azienda chiarezza trasformativa capace di creare valore aggiunto attraverso i processi organizzativo-decisionali. Per questa ragione, un approccio Lean è un approccio fondamentalmente operativo e incrementale, che favorisce la crescita e la formazione strategica interna in vista delle sfide poste da situazioni volatili, incerte, complesse e cariche di potenziali ambiguità. I lean executive incoraggiano il miglioramento continuo attraverso una continua ricerca e un continuo apprendimento. Come? Creando l’ambiente giusto affinché il team possa portare miglioramento incrementale tanto alle performance, quanto all’intero processo di analisi e decisionale-strategico.
L’Agile Thinking è un altro elemento cardine per la C-suite che si trova a operare in VUCA environments: Agile Thinking for Agile people.
Le organizzazioni praticano l’Agile Thinking sono aperte alla costruzione e al salto di paradigma innovando i sistemi di pianificazione, fino a sostituirli con logiche di aggiustamento tattico-strategico al contesto e di adattamento evolutivo all’ambiente ossia ai mercati. Alla pianificazione classica, si sostituisce un processo di revisione continua e di continuo controllo dei feedback. Quando contesto e ambiente mutano, l’organizzazione, guidata da una C-suite agile e attenta ai feedback, sa cambiare paradigma.
In questo senso, sono ancora chiarificatrici le parole dell’economista Peter Drucker: «L’essenza del management non è fatta di tecniche o procedure. L’essenza del management è rendere produttiva la conoscenza». E per renderla produttiva, un mix di gestione e decisione, di Lean & Agile Thinking può rappresentare una formula-guida. Per la C-suite, in un mondo Vuca, tutto questo non è solo possibile. È necessario.
Note
[1] Sharda S. Nandram -Puneet K. Bindlish, Managing VUCA through integrative self-management. How to cope with volatility, uncertainty, complexity and ambiguity in organizational behavior, Springer, 2017, p. 3.
[2] Thomas L. Friedman, Il mondo è piatto — Breve storia del ventunesimo secolo, Mondadori, 2007.
[3] https://oilprice.com/oil-price-charts/45
[4] Cfr. Nathan Bennett — G. James Lemoine, “What VUCA really means for you”, Harvard business review, 92 (2014); Idem, “What a difference a word makes: Understanding threats to performance in a VUCA world”, Business Horizons, 57 (2014).
[5] Greg Satell, “Management Has To Change In An Increasingly Complex World”, Business Insider, 9 giugno 2013.